In materia di risarcimento dei danni alla persona conseguenti a sinistro stradale la Consulta ha chiarito che la richiesta di risarcimento deve essere conforme a quanto previsto dall'art. 148 Cod. Ass. Priv. a pena di improponibilità della domanda
Approfondimento a cura di
avvocato civilista
In materia di risarcimento danni da circolazione stradale, l’art. 145 Cod. Ass. Priv. subordina la proponibilità della domanda giudiziaria di risarcimento del danno alla persona, subito a seguito di sinistro stradale, al decorso del termine di 90 giorni decorrenti a partire dal momento in cui il danneggiato abbia presentato all’impresa di assicurazione un’istanza di risarcimento del danno a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, secondo le modalità e i contenuti previsti dall’art. 148 Cod. Ass. Priv.
La citata disposizione normativa di cui art. 148 Cod. Ass. Priv. prevede in particolare che: “La richiesta deve contenere l'indicazione del codice fiscale degli aventi diritto al risarcimento e la descrizione delle circostanze nelle quali si è verificato il sinistro ed essere accompagnata, ai fini dell'accertamento e della valutazione del danno da parte dell'impresa, dai dati relativi all'età, all'attività del danneggiato, al suo reddito, all'entità delle lesioni subite, da attestazione medica comprovante l'avvenuta guarigione con o senza postumi permanenti, nonché dalla dichiarazione ai sensi dell'articolo 142, comma 2, o, in caso di decesso, dallo stato di famiglia della vittima”.
Qualora la richiesta risarcitoria non contenga tutti i requisiti formali specificamente indicati nell’art. 148 Cod. Ass. Priv., essa presenta un vizio di contenuto di per sé idoneo ad impedire il decorso del termine previsto dall’art. 145 e determinando in tal modo l’improponibilità dell’azione risarcitoria.
Ciò è stato confermato nella recente sentenza del 3 maggio 2012 n. 111 emessa dalla Corte Costituzionale.
Nella detta sentenza la Consulta ha voluto però sottolineare che l’istituto dell’improponibilità della domanda risarcitoria così inteso, risultante dal combinato disposto degli artt. 145 co. 1 e 148 co. 2 Cod. Ass. Priv., ha quale finalità non quella di indebolire la difesa del danneggiato ma piuttosto quella di apprestare una maggiore e più efficace tutela al danneggiato, ponendo in correlazione tra loro da un lato l’onere di diligenza posto a suo carico e dall’altro l’obbligo di cooperazione imposto all’assicuratore.
Difatti per l’impresa di assicurazione, dato il rigoroso e dettagliato contenuto dell’istanza risarcitoria, non sarà agevole disattenderla, essendo così tenuto all’accoglimento della richiesta e alla formulazione di una proposta adeguata nel quantum.
Per tali motivazioni la Consulta ha inteso precisare che l’istituto dell’improponibilità della richiesta risarcitoria, così rigorosamente inteso dal combinato disposto degli artt. 145 e 148 Cod. Ass. Priv., non contrasta con principi di rango costituzionale, essendo pienamente conforme al dettato della Costituzione e della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali.
La Corte Costituzionale, per altro verso, evidenzia come la previsione normativa in esame – in ogni caso – non produce alcuna restrizione di tutela sul piano sostanziale, essendo destinata ad esaurire completamente i suoi effetti sul piano processuale.
Infatti, nella pronuncia in esame, la Corte Costituzionale precisa che la declaratoria di improponibilità dell’azione ex artt. 145 e 148 Cod. Ass. Priv. non preclude al danneggiato la possibilità di riproporre la domanda risarcitoria, nel rispetto delle predette disposizioni ed entro i termini di prescrizione del diritto, sottolineando che, trattandosi di pronuncia di rito, la domanda dichiarata improponibile interrompe i termini di prescrizione, che però iniziano subito a decorrere nuovamente, senza che possa realizzarsi l’effetto “interruttivo/sospensivo” previsto dall’art. 2945 co. 2 c.c.
I principi giuridici autorevolmente espressi dalla Corte Costituzionale nella sentenza 3 maggio 2012 n. 111 sono destinati ad incidere sensibilmente sugli orientamenti della giurisprudenza di merito, in special modo dei giudici di pace, quotidianamente chiamata a decidere sulle eccezioni di improponibilità sollevate dalle compagnie di assicurazione e, molto spesso, propensi a fare propria un’interpretazione piuttosto elastica e non formalistica dei precetti normativi in esame.
In questa prospettiva, non va sottovalutato che la Consulta, nella fattispecie, ha deciso la questione di legittimità con una “semplice” sentenza di rigetto, non ricorrendo allo strumento della sentenza interpretativa.
Pertanto, in sintesi, la Consulta, con questa interessante pronuncia dai notevoli riflessi pratici, ha inteso affermare i seguenti principi:
1) che l’art. 145 comma 1 Cod. Ass. Priv., letto in combinato disposto con il successivo art. 148 comma 2, debba essere interpretato secondo il significato letterale delle norme, ovvero nel senso che la violazione dell’onere di conformazione della richiesta risarcitoria a tutti i requisiti formali richiesti comporta l’improponibilità della domanda giudiziale;
2) che la disposizione di cui all’art. 145 comma 1 Cod. Ass. Priv., così rigorosamente interpretata, non contrasta con principi di rango costituzionale.